

In Alsazia il Moscato trova una fortunata (si fa per dire) coincidenza climatica, perché quando fa molto freddo, come tutte le viti è dormiente, poi d’estate si crogiola al calore estivo (si fa per dire), ma soprattutto si gode l’illuminazione, la secchezza (Colmar è la seconda città più secca di Francia, solo 550 mm di pioggia annua) e le fortissime escursioni termiche che modulano in pieno l’espressione della purezza terpenica dell’uva.
Come si dice in Italia, il Moscato in Alsazia fa l’indiano, cioè finge di prendere in considerazione ciò che le condizioni climatiche gli vorrebbero auspicare, ovvero fare del vino dolce. E invece no, io ascolto, ma non mi adeguo, e mi faccio tutto “secco”.
Muscat in Alsazia è plurale, più che singolare, racchiudendo nel nome due varietals: Muscat à petits grains (chiamato anche impropriamente Muscat d’Alsace) e Muscat Ottonel.
Il primo è un vitigno ancestrale dall’identità primordiale e mediterranea, attraversata dalla cultura vinicola della Grecia, di Roma e dei Fenici; il secondo è più recente, addirittura più nordico perché si presume originario della Loira.
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